Oltre la bellezza del fiore, il profumo di giaggiolo è una delle cose che sommate a tante piccole altre forgia l’essenza di un’esistenza.
Prima il vino divenisse una bevanda muscolosa concentrata e dal sentore di legno, spesso il giaggiolo si percepiva in quel vino fatto di profumi e dall’alcol non invasivo compagno di tavole ingombre di normali cose buone.
E’ di giaggiolo il colore viola, non la mucca della cioccolata.
Caro Andrea, anche qui stanno sbocciando: quelli viola (più intenso), quelli più pallidi (mi piacciono meno); ma anche quelli bianchi, indecifrabili e un po’ sventati come cuccioli d’animale. ma presto sarà la volta di quelli marroni o rosso scuro e gialli, rosa carne…
So, da un farmacista erborista di vaglia, che con il tubero si facevano strofinature alle gengive dei lattanti, per calmare il rossore dei dentini novelli.
E, sempre con il tubero, ridotto in polvere è una cipria finissima e speciale…
eppure quella mucca (viola)fa tanto ..”cioccolato”,ma tanto..ed è l’unica mucca oramai amata dai grandi e piccoli….quelle vere, oramai, sono diventate ”fabbrichette di latte ..che non sembrano più tanto vere..quindi ,se devo scegliere.. con tanta puerilità ,preferisco la mucca che fa il cioccolato ..a quella che fa ”una cosa simile al VERO latte”..
Viola è anche il colore della Fiorentina 😉
Un dottore e distillatore Silvana mi ha fatto vedere la polvere di tubero di giaggiolo e mi ha detto essere piuttosto noiosa per la pelle.
Per ciò gli serve se non ricordo male la trita e la lascia riposare vari anni prima di distillarla.
Peccato qui siano rimasti pochissimi esemplari, cinghiali ed istrici ne fanno man bassa e ne ho uno giallo pallido dal fiore grandissimo che controllo quasi ogni giorni sperando non lo massacrino.
@ Liz
una bistecca viola c’è il rischio sia andata a male, stai attenta a quel che mangi
@ Mario
si, sono ridotte a centrali del latte le mucche e poi ricordati bene che puzzano e in campagna non possono stare.
Ne mettessi un paio in una oliveta scoppierebbe la rivoluzione, si vogliono le comodità della città anche in campagna a rischio di farla diventare nevrotica come una città vera.
Caro Andrea, se vuoi che le spinose non pappino i giaggioli, piantagli vicino dei gigli (quelli bianchi di san Luigi), me lo consigliarono i vicini di podere e me li piantarono. I gigli son velenosi e le spinose non sono fesse…però se di cinghiali si tratta non so se funziona.
Questi unici rimasti sono abbastanza ben nascosti e non ci hano mai fatto danni nè cinghiali, nè istrici.
Per il resto, tranne l’isola Lamole, il Chianti storico è rimasto desolatamente vuoto di giaggioli ma pieno di cinghiali che mangiano ogni bene.
…eppure con questi cinghiali ..”qualcuno pappa”..oltre a tanta farneticante burocrazia protezionistica”…
Non lo so’ con precisione se qualcuno pappa o meno sula questione cinghiali, ma il beneficio del dubbio trovandoci in Italia potrei anche averlo.
Da una parte il fanatismo di certi cacciatori, da un’altra il fanatismo animalista… non so’ quale sia la parte migliore o se si alimentano a vicenda.
…guarda che qualcuno ”ci pappa”..sempre..dal ”cosciotto”..al ”danno burocratico ”..
E lo sò Mario, lo sò.
Mi ricordo bene tutte le pratiche burocratiche per chiedere contributi per le recinsioni dei cinghiali e l’ambientino fresco e tranquillo dove questo avviene, come conosco bene tutti quegli uffici in cui c’è da invecchiarci per domande, sigle strane, minchiate varie, bolli e controbolli.
Poi vedi tante belle ragazze con le unghie lunghe e curate, tacco a spillo e minigona tonsillare e ti spiegano sono coltivatrici dirette.
Ovvero, figlie di notai, avvocati ecc. che passano nel regime contributivo agricolo, prendono il contributo di primo insediamento, ci si divertono e vanno in giro e ai babbini permettono di costruire ancora e farsi la villetta per il fine settimana.
Delle tante aziende agricole esistono vorrei sapere con curiosità quante sono vere…